Quando parliamo di impatto ambientale aziendale, ci riferiamo a tutto ciò che le attività di un’impresa causano sull’ambiente: dalle emissioni di gas serra alla produzione di rifiuti, dall’inquinamento delle acque all’uso eccessivo delle risorse naturali. Qualsiasi impresa, indipendentemente dalle sue dimensioni o dal settore in cui opera, interagisce costantemente con l’ambiente, spesso in modi più profondi di quanto si possa immaginare.
Pensiamo, ad esempio, a un’azienda che produce beni fisici: per realizzare un singolo prodotto vengono consumati materiali, energia, acqua e vengono generate emissioni o scarti. Ma anche realtà che operano nel settore dei servizi – come banche, agenzie digitali o software house – hanno un impatto ambientale: basti considerare il consumo energetico dei server, l’utilizzo della rete internet, gli spostamenti dei dipendenti o la gestione degli uffici.
Quello che è importante comprendere è che l’impatto ambientale non riguarda solo l’inquinamento evidente, ma comprende ogni effetto che un’attività economica ha sugli ecosistemi naturali, sia in modo diretto che indiretto, nel breve e nel lungo periodo.
Negli ultimi anni sono stati sviluppati diversi strumenti per misurare questo impatto in modo scientifico e oggettivo. Il più noto è il calcolo della carbon footprint, che misura le emissioni di CO2 equivalente generate da un’azienda o da un prodotto. Ma esistono anche la water footprint, che misura il consumo e la contaminazione delle risorse idriche, e la metodologia del Life Cycle Assessment (LCA), che analizza l’intero ciclo di vita di un prodotto per valutarne gli impatti ambientali in ogni fase, dalla produzione allo smaltimento.
Come misurare l’impatto ambientale di un’azienda
Misurare quella che viene definita come la carbon footprint di un’azienda significa quantificare tutte le emissioni di gas a effetto serra (GHG – Greenhouse Gases) generate dalle sue attività. È il primo passo fondamentale per comprendere l’impatto ambientale reale dell’impresa e iniziare un percorso concreto di riduzione e compensazione.
Ma cosa si intende davvero con "carbon footprint"?
Immaginiamola come l’impronta che lasciamo sul pianeta in termini di CO₂ e gas equivalenti, come metano (CH₄) e protossido di azoto (N₂O). Questi gas, pur in quantità diverse, contribuiscono al cambiamento climatico perché trattengono il calore nell’atmosfera.
Per calcolarla, si parte dalla raccolta di dati concreti: quanta energia viene consumata negli uffici o negli stabilimenti? Quanti chilometri percorrono i mezzi aziendali? Quali materiali vengono acquistati, trasportati, utilizzati e smaltiti? A ogni attività corrisponde un “peso” in termini di emissioni, che si può convertire in tonnellate di CO₂ equivalente (CO₂e) attraverso parametri standard riconosciuti a livello internazionale.
È un lavoro che richiede metodo, attenzione e strumenti adeguati. E oggi, per fortuna, esistono soluzioni pensate proprio per accompagnare le aziende in questo percorso. Una di queste è il software sviluppato da Green Future Project, una piattaforma intuitiva che consente di:
- misurare in modo dettagliato le emissioni Scope 1, 2 e 3;
- raccogliere e organizzare facilmente i dati, anche da diverse fonti aziendali;
- visualizzare l’impatto ambientale su dashboard interattive;
- generare report utili per la rendicontazione ESG e la comunicazione con stakeholder;
- ricevere consigli pratici su come ridurre l’impronta ecologica e accedere a progetti certificati per compensare le emissioni.
Misurare l’impronta di carbonio non è solo un esercizio tecnico: è il punto di partenza per ogni strategia climatica consapevole. Senza una fotografia chiara del proprio impatto, infatti, è impossibile decidere dove intervenire, con quali priorità, e come raccontare con trasparenza il proprio impegno per la sostenibilità e le attività per ridurre l'impatto ambientale.
Impatto positivo vs impatto negativo: cosa significa davvero?
Quando si parla di impatto ambientale, spesso si tende a pensare solo agli effetti negativi che un’attività economica può generare: inquinamento, deforestazione, emissioni, consumo di risorse. E in effetti, l’impatto negativo è quello che più comunemente viene monitorato, misurato e discusso.
Ma oggi il dibattito sulla sostenibilità non si ferma più alla sola riduzione del danno. Si sta facendo largo un concetto altrettanto importante: quello di impatto positivo. In altre parole: un’azienda non deve solo “inquinare di meno”, ma può – e dovrebbe – anche generare valore ambientale, restituendo qualcosa al pianeta.
Cos’è l’impatto negativo
L’impatto ambientale negativo comprende tutte le azioni che danneggiano direttamente o indirettamente gli ecosistemi. Alcuni esempi:
- Emissione di gas serra che alimentano il cambiamento climatico;
- Inquinamento delle acque e del suolo;
- Consumo eccessivo di risorse naturali non rinnovabili;
- Perdita di biodiversità e distruzione degli habitat;
- Produzione di rifiuti non gestiti correttamente.
Per decenni il sistema economico globale ha funzionato ignorando – o esternalizzando – questi costi. Oggi però questi effetti sono misurabili e visibili, e diventano centrali nel valutare la sostenibilità di un’organizzazione e identificare le strategie per ridurre l’impatto ambientale.
Cos’è l’impatto positivo
L’impatto positivo, invece, si riferisce a tutte quelle azioni che hanno un effetto rigenerativo, migliorando la salute degli ecosistemi, rafforzando la resilienza climatica e contribuendo al benessere collettivo. Alcuni esempi concreti includono:
- Finanziare progetti di riforestazione forestale e marina;
- Partecipare a iniziative per la protezione della biodiversità e conservazione di habitat a rischio degrado o deforestazione;
- Investire in energie rinnovabili o nella rimozione attiva di CO₂ dall’atmosfera;
- Sviluppare prodotti sostenibili (ad esempio, prodotti carbon neutral);
Adottare pratiche di economia circolare che evitano sprechi e prolungano la vita dei materiali.
Tracciabilità dell’impatto positivo sulla natura
Oggi non basta più “fare bene”: bisogna anche dimostrarlo, con dati chiari, affidabili e facilmente accessibili. La tracciabilità dell’impatto ambientale è una componente fondamentale per qualsiasi strategia di sostenibilità credibile. Le aziende devono essere in grado di misurare, monitorare e comunicare i risultati ottenuti nel tempo, evitando il rischio di greenwashing e costruendo un rapporto di fiducia con stakeholder, investitori e consumatori.
Ed è proprio in questa direzione che nasce uno strumento come la Climate Impact Dashboard di Green Future Project.
La Climate Impact Dashboard è una piattaforma digitale pensata per aiutare le aziende a tracciare e valorizzare in modo trasparente l’impatto positivo generato sulla natura attraverso le loro attività sostenibili. È molto più di un semplice report: è un’interfaccia visiva, dinamica e scientificamente fondata che mostra in tempo reale i risultati raggiunti grazie a investimenti in progetti ambientali certificati.
Attraverso questa dashboard, un’azienda può visualizzare metriche ambientali tangibili come:
- numero di alberi piantati,
- ettari di foresta protetta,
- quantità di coralli rigenerati,
- produzione di energia pulita,
- tonnellate di CO₂ assorbita o evitata.
Questi dati non sono teorici: sono generati e aggiornati in automatico sulla base delle performance reali dei progetti attivati. La piattaforma utilizza modelli geospaziali avanzati (GDP) e integra tre diverse fonti di immagini satellitari – ottiche, LiDAR e SAR – fornite da missioni come Copernicus Sentinel-2 (ESA) e Landsat (NASA). Il tutto è arricchito da sistemi di telerilevamento e machine learning che rendono ogni dato scientificamente validato e sempre aggiornato.