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bottoni foto 1In occasione della nostra rubrica dedicata alle professioniste e ai professionisti che guidano la transizione sostenibile in Italia, abbiamo avuto il piacere di intervistare Elisa Bottoni, specialista in sostenibilità presso l’Istituto per il Credito Sportivo e Culturale S.p.A.

Ne è nata una conversazione intensa, ricca di visione, concretezza e prospettive sul futuro della finanza sostenibile.

 

Dalle origini all’impegno per la sostenibilità 

Claudia: Elisa, partiamo dal tuo percorso. Come ti sei avvicinata al mondo della sostenibilità? 

Elisa: Il mio interesse nasce all’università. Studiavo economia politica, ma l’esame di economia ambientale è stato per me un vero punto di svolta. Lì ho capito che la teoria economica non può prescindere dal capitale naturale: se lo distruggiamo, non possiamo garantire crescita né equità nel futuro. La mia tesi di laurea è stata proprio sui costi economici del cambiamento climatico. Poi il mio percorso si è temporaneamente allontanato da questi temi, finché, con la prima direttiva sulla dichiarazione non finanziaria, in banca si è iniziato a parlare di sostenibilità. Mi sono candidata per seguire questo nuovo fronte, e dal 2017 è diventato il mio lavoro a tutti gli effetti. 

 

Cosa significa oggi “sostenibilità”? 

Claudia: Oggi si parla tantissimo di sostenibilità, spesso in modo un po’ superficiale. Se dovessi spiegarla con le tue parole, sia a chi lavora in azienda sia a una persona che non si occupa di questi temi, come la definiresti? 

Elisa: Il concetto chiave, secondo me, è equilibrio. Parliamo di sostenibilità economica, ambientale, sociale, ma anche di qualità della vita quotidiana. È la capacità di garantire equità tra generazioni e tra presente e futuro. La crescita non può essere assicurata solo per alcuni o a scapito del domani. È una questione di giustizia e di responsabilità collettiva. 

 

Il ruolo all’Istituto per il Credito Sportivo e Culturale

Claudia: Qual è l’aspetto che ti appassiona di più del tuo ruolo? 

Elisa: Lavorare in un istituto con una missione pubblica che finanzia sport e cultura è già una grande fortuna. Sono settori con un enorme valore sociale: generano coesione, coinvolgimento, integrazione.

Mi appassiona soprattutto poter contribuire in modo concreto all’integrazione degli obiettivi di sostenibilità nelle strategie dell’istituto e nel supporto ai nostri beneficiari. Lavorare su strumenti che migliorino l’efficienza energetica e gestionale delle infrastrutture che finanziamo e che ne valorizzano l’impatto sociale positivo dà davvero un senso tangibile al nostro impegno

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Le responsabilità del settore pubblico 

Claudia: Credi che le istituzioni abbiano una responsabilità diversa, e forse maggiore, rispetto a quelle private quando si parla di transizione sostenibile? 

Elisa: Assolutamente sì. Un istituto pubblico deve perseguire il bene comune e deve essere d’esempio: non può chiedere comportamenti sostenibili se prima non li adotta internamente. Per questo abbiamo iniziato da anni a dotarci di strumenti per misurare gli impatti ambientali e sociali, non solo per obblighi normativi ma per integrare la sostenibilità nella strategia aziendale. 

 

Un progetto di cui essere orgogliosi 

Claudia: Se pensi al lavoro fatto finora, c’è un progetto o un percorso che ti fa dire “qui abbiamo davvero fatto un buon lavoro”? 

Elisa: Sicuramente il percorso avviato negli ultimi anni per misurare la nostra impronta carbonica. Grazie anche alla collaborazione con Green Future Project, oggi abbiamo una fotografia completa delle emissioni su tutti gli Scope del GHG Protocol. Questo ci permette non solo di monitorare i consumi in tempo reale ma anche di sviluppare competenze tecnico-scientifiche che generalmente in banca mancano. La misurazione diventa uno strumento strategico per programmare interventi futuri. 

 

Le grandi sfide: dati, complessità e catena del valore 

Claudia: Immagino che dietro a tutto questo ci siano anche tante difficoltà. Quali sono, secondo te, le sfide più grandi in un percorso come il vostro, sia nella raccolta dati sia in quella fase che potremmo definire “e adesso cosa facciamo”? 

Elisa: Sono due: la raccolta dati e l’“after”, cioè il cosa succede dopo. 

La raccolta dati è complessa perché una banca non è strutturata, storicamente, per monitorare consumi ambientali. Ancora più difficile è ottenere dati dai nostri fornitori e, soprattutto, dai clienti. Finanziamo enti territoriali, associazioni sportive, parrocchie: realtà che non sono soggette alla CSRD e non hanno mai raccolto dati ambientali. 

Sarà una sfida enorme sensibilizzarle e accompagnarle in questo percorso. Inoltre, sport e cultura non sono settori carbon intensive: mancano anche riferimenti e benchmark internazionali. Stiamo facendo qualcosa di pionieristico. 

 

Essere un punto di riferimento nel settore

Claudia: Da come racconti percepisco molto entusiasmo e determinazione, vorreste essere un punto di riferimento per il settore? 

Elisa: È la nostra ambizione. Vorremmo essere un punto di riferimento per lo Sport e la Cultura non solo nel finanziamento, ma anche nei modelli di misurazione della loro sostenibilità ambientale e dell’impatto sociale che generano a favore della collettività. per migliorare l’efficienza delle strutture sportive e culturali. 

Con particolare riferimento alla misurazione dell’impronta carbonica, questi settori non sono carbon intensive, ma l’energia rappresenta una parte importante dei loro costi gestionali. Aiutarli a misurare e ridurre i consumi significa sostenerli economicamente e prepararli al futuro. Se creando metodologie di misurazione nuove riusciremo a fornire un contributo anche alle analisi settoriali, avremo raggiunto un grande obiettivo. 

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Dal dato all’azione: il valore della collaborazione con Green Future Project 

Claudia: Torno un attimo sulla nostra collaborazione. Dal tuo punto di vista, in che modo il lavoro con Green Future Project crea valore per voi, sia nel breve che nel lungo periodo? 

Elisa: Il vero valore è la visione d’insieme. Ora abbiamo una fotografia dettagliata dei nostri impatti diretti e indiretti: consumi, mobilità, missioni, fornitori. 

Sapere dove siamo ci permette di capire dove vogliamo e possiamo arrivare. La misurazione non è mai un punto di arrivo: è lo strumento che ci permette di agire, di migliorare, di coinvolgere stakeholder interni ed esterni e, in futuro, di lavorare anche sull’impronta carbonica dei nostri clienti. 

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Cultura, resistenze e visione economica 

Claudia: Ti vorrei chiedere: senti ancora una forte resistenza culturale intorno alla sostenibilità, sia nelle aziende che nella società? 

Elisa: Sì, sia in Italia sia a livello internazionale. La sostenibilità è ancora percepita come un costo o un ostacolo burocratico. In realtà è un investimento: ciò che spendiamo oggi genera ritorni futuri, anche economici. Il problema è la dicotomia tra presente e futuro: chi investe oggi vorrebbe benefici immediati. Ma la sostenibilità opera sul lungo periodo. 

Secondo me servirebbe una rivoluzione economica: integrare il capitale naturale, umano e sociale nei sistemi produttivi. Solo così la sostenibilità smetterà di essere percepita come un obbligo e diventerà la normalità. 

 

Un consiglio ai giovani che si avvicinano alla sostenibilità

Claudia: Chiudo con una domanda che mi sta molto a cuore: se potessi parlare direttamente ai ragazzi e alle ragazze che oggi si stanno avvicinando alla sostenibilità, che cosa diresti loro? 

Elisa: Direi due parole: coerenza e coraggio

Coerenza, perché la sostenibilità non è una moda legata al contesto mediatico del momento. Va perseguita sempre. 

Coraggio, perché chi lavora in questo settore può trovarsi di fronte a scetticismo o resistenze. Ma il cambiamento è possibile, e molto spesso parte proprio dai giovani. Le idee più innovative e trasformative arrivano sempre da loro. 

 

Conclusione 

L’intervista con Elisa Bottoni è stata un viaggio tra visione strategica, concretezza operativa e sincera passione per lo sviluppo sostenibile. Un esempio di come un istituto con missione pubblica può guidare la transizione, innovare, sperimentare e generare valore sociale e ambientale duraturo.

In un contesto in cui dati, metriche e nuove competenze diventano essenziali per trasformare la sostenibilità in decisioni concrete, esperienze come quella dell’Istituto per il Credito Sportivo e Culturale mostrano che è possibile passare davvero dalla misurazione all’azione.

Per le organizzazioni che vogliono intraprendere un percorso simile, confrontarsi con chi ogni giorno lavora su questi temi può essere il passo decisivo per iniziare a misurare, ridurre e valorizzare il proprio impatto.

 

 

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Case Study